I cocktail sono una cosa da donne

Una ragazza fuma e beve, negli anni Trenta (General Photographic Agency/Getty Images)

I cocktail sono una cosa da donne

Il modo in cui li conosciamo oggi ha a che fare con proibizionismo, femminismo e buone maniere

Soprattutto d’estate è un piacere e un sollievo passare l’ora che precede la cena con un aperitivo, ancora meglio se in un cosiddetto cocktail party, dove si bevono in compagnia vini e cocktail leggeri mangiucchiando qualche tartina più o meno raffinata.Quando si parla di alcol si pensa subito, in modo pregiudiziale, che venga consumato soprattutto dagli uomini: nonostante ciò, questi rinfreschi informali sono un rito nato negli Stati Uniti e legato alla storia dell’emancipazione femminile, come ha raccontato di recente Atlas Obscura.

CocktailFlapper al bar del nigh club di Isa Lanchester a Londra, nel 1925 (General Photographic Agency/Getty Images)

Per prima cosa, un cocktail è una miscela di due o più ingredienti di cui almeno uno alcolico, anche se ovviamente possono essercene molti di più. Da dove venga la parola non è chiaro, come spesso in questi casi: secondo alcuni sarebbe la fusione di cock ale, un tipo di birra inglese che veniva imbottigliata insieme a un gallo bollito e spellato, con spezie e altri aromi. Secondo altri deriva invece dall’espressione cocktailed horses, poi solo cocktails, cioè i cavalli “dalle code mozzate” come si usava fare con i non purosangue: allo stesso modo i cocktail erano bevande alcoliche diluite con acqua e quindi non pure. Il primo a scrivere di cocktail senza parlare di cavalli fu il giornale Morning Post and Gazetteer di Londra, il 20 marzo del 1798, mentre secondo l’Oxford English Dictionary la parola è di origine americana: qui appare per la prima volta sul Farmer’s Cabinet del 28 aprile 1803, e probabilmente indicava una bevanda miscelata e analcolica.

Cocktail e bevande leggere erano in circolazione già da secoli, per esempio nel Regno Unito i punch vennero introdotti nel Seicento dall’India e indicavano una bevanda solitamente poco alcolica (il nome significa “cinque” in sanscrito a indicare i cinque ingredienti: alcol, zucchero, limone, acqua, tè o spezie). In Italia l’aperitivo – che come indica l’etimologia latina significa una bevanda “che apre” e quindi stimola l’appetito per la cena – si diffuse grazie all’invenzione del vermut, un bianco mescolato a spezie ed erbe inventato a Torino da Antonio Benedetto Carpano nel 1786. La diffusione dei cocktail fu sancita dalla Bartender’s Guide di Jerry Thomas pubblicata nel 1862: è la guida ai cocktail per eccellenza in cui però non è ancora configurato il rito sociale in cui li consumiamo abitualmente. La prima volta in cui si parla di un cocktail party è una cronaca mondana dell’aprile 1917 sul Tacoma Times, un quotidiano locale di St. Louis, in Missouri, che raccontava come fosse stato organizzato «per la prima volta» da Clara Bell Walsh, una giovane donna dell’alta società cittadina.

Sorgente: I cocktail sono una cosa da donne – Il Post

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