Come funzionavano le “porte dell’Inferno” dei Romani

Come funzionavano le “porte dell’Inferno” dei Romani

Svelato il segreto geologico delle grotte che i sacerdoti di Plutone usavano per i sacrifici animali: una nube di CO2 asfissiava le creature designate, ma solo in alcune ore del giorno

di ELISABETTA INTINI

Capita spesso che le leggende tramandate dagli antichi siano legate a un preciso fenomeno geologico. L’ultimo ad essere svelato è quello che riguarda la “porta dell’Inferno” della città di Hierapolis, nell’odierna Turchia.

Questo accesso di pietra ricavato alla base degli spalti di un antico anfiteatro portava a una piccola grotta da cui esalavano effluvi mefitici, capaci di uccidere un animale in pochi istanti. Ma non i sacerdoti di Plutone (il dio degli inferi nella religione romana), i quali miracolosamente, venivano risparmiati dagli effetti del “Plutonium” (il nome dato a questo luogo di accesso all’Ade).

La collocazione del Plutonio di Hierapolis: è quella fessura collocata alla base delle gradinate. | MASSIMO LIMONCELLI

 

USCITA DI EMERGENZA. Il Plutonium di Hierapolis è stato riscoperto 7 anni fa da un gruppo di archeologi diretto dall’Università del Salento.

La grotta sorge esattamente sopra una fessura del suolo che sprigiona anidride carbonica di origine vulcanica, in concentrazioni ancora oggi letali per gli uccelli che vi volano vicino.

L’ORA PEGGIORE. Ora un nuovo team di scienziati guidati da Hardy Pfanz, vulcanologo dell’Università di Duisburg-Essen (Germania), ha misurato la concentrazione di CO2 nella fessura in vari orari del giorno: quando il Sole è alto, il suo calore dissipa l’anidride carbonica, ma di notte il gas, più pesante dell’aria, si accumula a formare una sorta di piscina nel suolo dell’arena.

La concentrazione più letale si forma all’alba: nei 40 cm più vicini al suolo, la CO2 è pari al 35% del totale, abbastanza da uccidere un toro (come quelli usati nei sacrifici romani) o persino un uomo, in pochi minuti.

PRIVILEGIATI? NO, FURBI. Secondo Pfanz i sacerdoti eunuchi che compivano sacrifici conoscevano almeno in parte questo fenomeno, ed eseguivano i loro rituali all’alba: gli animali – più vicini al suolo rispetto all’uomo – prima si accasciavano, e da quella posizione perivano ancora più velocemente. I sacerdoti, più alti (e spesso su un piedistallo di pietra), venivano risparmiati.

Lo storico greco Strabone, descrivendo il Plutonio di Hierapolis, racconta che i sacerdoti respiravano i fumi tossici e ne erano immuni: Pfanz ipotizza che fossero attenti ad eseguire i sacrifici attorno a mezzogiorno, quando la CO2 si era ormai dissipata. Ma l’archeologo Francesco D’Andria dell’Università del Salento non ne è così sicuro: il suo team ha trovato diverse lampade ad olio vicino alla “porta dell’Inferno”, segno che qualcuni ci si avventurava anche di notte, quando il gas era più letale.

Sorgente: Come funzionavano le “porte dell’Inferno” dei Romani – Focus.it

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