I peggiori aeroporti del mondo
Secondo l’Economist, scelti nei paesi difficili ma anche in quelli progrediti
In questi giorni di viaggi e spostamenti l’Economist ha detto la sua su quali siano gli aeroporti peggiori al mondo, «con un sondaggio totalmente non scientifico e aneddotico fatto tra i corrispondenti in giro per il mondo». Le lamentele sono molte: si passa dai ritardi e dalla scarsa bontà del cibo degli aeroporti occidentali, ai furti e alla corruzione dei controllori di alcuni africani e latinoamericani. Non è facile stabilire il vincitore, ma secondo l’Economist, tenendo conto del reddito dei cittadini e della situazione politica, negli Stati Uniti ce ne sono alcuni dei peggiori al mondo.
Per chi ha voglia di approfondire c’è anche un sito, The Guide to Sleeping in Airports, che ogni anno stila una classifica tenendo conto delle lamentele dei viaggiatori. Anche questa è priva di una base scientifica e quindi spinge ai primi posti gli aeroporti scarsi ma anche molto trafficati. Nel 2017 è arrivato primo l’aeroporto di Juba, in Sud Sudan: considerato che non ha bagni né posti in cui comprare da mangiare se l’è meritato, ma le lamentele sono aumentate perché è frequentato da molti operatori delle Nazioni Unite e delle ONG che arrivano nel paese. Un motivo simile spiega il secondo posto, andato all’aeroporto di Gedda, in Arabia Saudita, dove ogni anno arrivano centinaia di migliaia di musulmani per il pellegrinaggio dell’hajj.
Juba – Sud Sudan
L’Economist lo definisce «una tenda afosa vicino a una pozzanghera» e aggiunge che i voli sono spesso in ritardo e si passa l’attesa sudando per ore. La lobby non ha bagni, posti in cui prendere da mangiare e transenne per fare code ordinate; ci si può sentire fortunati ad accaparrarsi una sedia mezza rotta. I controlli di sicurezza vengono fatti totalmente a caso e spesso i viaggiatori più ricchi che si trascinano grossi bagagli non passano nemmeno gli scanner, che comunque funzionano raramente.
Bangui – Repubblica Centrafricana
Racconta un giornalista dell’Economist: «la recinzione è stata rubata e quindi quando atterrano gli aerei più grossi i piloti tengono le mani sull’acceleratore per essere pronti a ridecollare, nel caso ci siano persone che corrono sulla pista (che si trova tra un campo rifugiati e la città, e quindi c’è un bel po’ di viavai)».
Johannesburg – Sudafrica
I furti sono parecchi, come racconta un giornalista dell’Economist: «Anche se non metto mai niente di valore in valigia, la ritrovo sempre in disordine come se qualcuno ci avesse frugato dentro, due volte era addirittura aperta (non si sono presi la briga di richiuderla). Una volta ci ho trovato gli occhiali da sole di qualcun altro, forse li aveva smarriti un ladro nella sua ricerca frenetica».
Lubumbashi – Repubblica Democratica del Congo
Qui il problema sono le guardie di sicurezza, che rallentano e fanno perdere tempo ai viaggiatori per ottenere in cambio soldi o regali per velocizzare le operazioni. Chi viaggia è anche spesso preso di mira dai ladri e anche dai vari funzionari e impiegati, che proveranno a estorcere qualcosa a ogni occasione. Il risultato è che basta un dollaro per saltare non solo la fila ma tutti i controlli di sicurezza. Finisce che viaggiare in Congo è lento, rischioso, caro e sgradevole.
Manila – Filippine
A Manila i controllori della sicurezza hanno metodi creativi per estorcere soldi ai viaggiatori, come infilare pallottole nelle loro valigie e venire pagati per non arrestarli. La truffa ha persino un nome: laglag bala (proiettile caduto)
New Delhi – India
Qui il problema sono i controllori troppo efficienti che chiedono i documenti in continuazione anche se un loro collega l’aveva fatto un istante prima, davanti a loro. Spesso è un modo per sopravvivere alla noia e per far pesare il proprio potere.
Santiago del Cile
Anche qui non è facile avere a che fare coi controllori non proprio morbidi. Un giornalista ha raccontato che «Una volta venni arrestato per due ore perché non avevo dichiarato un sacchetto di mandorle sigillato. Poi dovetti scrivere una dichiarazione in cui esprimevo la mia contrizione per aver portato le mandorle. Siccome non riuscii a farlo senza scoppiare a ridere, minacciarono di arrestarmi. La signora vicino a me venne interrogata per aver contrabbandato una singola banana».
Caracas – Venezuela
Un corrispondente dell’Economist racconta che «La valigia viene ispezionata attentamente due volte (dalla Guardia Nazionale, che sono trafficanti che dicono di voler trovare la droga nascosta)». Un altro, che copre il narcotraffico, ricorda che «il tabellone con le partenze indicava il nostro viaggio in ritardo fino al momento in cui l’imbarco venne chiuso. Ho aspettato ore e ore il volo successivo in un fast food, l’unico posto dove sedersi, osservando un cane emaciato leccare i container di polistirolo abbandonati a terra»
Pyongyang – Corea del Nord
Ovviamente gli aeroporti riflettono la realtà del loro paese e a Pyongyang non si può che respirare un’aria di totalitarismo: «quando l’aereo superò il confine ed entrò in Corea del Nord partì una musica esultante, e ci vennero date copie del quotidiano nazionale che non potevamo piegare, perché in prima pagina c’era una foto di Kim Jong Il». Però l’aeroporto ha un aspetto positivo: una fontana di cioccolata calda.
Berlino – Germania
Qui non c’è nemmeno niente da testare: l’aeroporto di Berlino-Brandeburgo, in Germania, doveva aprire nel 2012 ed è ancora in costruzione. Quando venne annunciato il ritardo fu uno scandalo e i giornali parlarono di vergogna nazionale.
Bruxelles, Belgio
Qui i problemi sono meno gravi di guardie corrotte e furti, ma Charleroi, secondo aeroporto di Bruxelles – cuore delle istituzioni europee e centro gastronomico – sembra davvero tremendo, nelle parole di un giornalista dell’Economist: «è cupo, sporco e minuscolo e il cibo è atroce. Gli aerei partono e arrivano a orari assurdi. E l’unico modo per arrivare in città è un furgoncino che parte ogni mezz’ora ed è spesso strapieno: più di una volta ho fatto la fila senza riuscire a salirci».
Luton – Londra
Luton si spaccia per vicino a Londra ma l’Economist vi mette in guardia: «Andare in vacanza a Londra e tornare da Luton è come fare un sogno fantastico e risvegliarsi in una pozzanghera sotto un treno ferroviario»
Dulles – Virginia, USA
Ha un sistema di trasporto interno disegnato malissimo: si arriva al terminal attraverso dei trenini e i passeggeri devono uscire ed entrare tutti dalla stessa porta, finendo per accalcarsi attorno, creare una fila lunghissima e bloccare il passaggio.
JFK – New York, USA
Qui la lamentela ha soprattutto a che vedere con il prestigio e l’importanza dell’aeroporto – l’Economist scrive che è «la principale via di accesso alla capitale del consumismo» – e la sua scarsità di servizi, in particolare quelli per resistere alla noia dell’attesa.
Miami – Florida, USA
Secondo l’Economist, quello di Miami è il peggior aeroporto degli Stati Uniti: le code per il controllo passaporti richiedono quasi il tempo che servì a Leif Erikson – il primo europeo, islandese, ad arrivare nell’America del Nord – per attraversare l’Atlantico in barca.
Sorgente: I peggiori aeroporti del mondo – Il Post