La morte bianca: il cecchino leggendario

La morte bianca: il cecchino leggendarioLa morte bianca: il cecchino leggendario

Ci sono persone, sconosciute ai più, le cui vite e le imprese eroiche sono state portate sul grande schermo e quindi divenute famose: il caso di Chris Kayle le cui gesta, sotto la regia di Eastwood, hanno dato vita al celebre film “American sniper” e da allora tutto il mondo conosce le sue azioni. In verità Kayle non fu tra i più letali cecchini: con i suoi 160 nemici abbattuti non si avvicina nemmeno lontanamente al più pericoloso Vasily Zaytsev, militare sovietico con oltre 230 vittime dovute alla sua mira, le cui gesta sono raccontate nel film Il nemico alle porte.

La morte bianca: il cecchino leggendarioIn realtà, il più pericoloso, il più letale, l’inafferrabile cecchino che fece tremare l’Armata Rossa, fu Simo Haya. Giovane agricoltore e allevatore finlandese, alto appena un metro e sessanta, armato di un micidiale Mosin-Nagant, diede vita alla sua personale guerra contro l’avanzata delle truppe sovietiche nella sua nazione. Con temperature inferiori ai venti, trenta gradi sotto zero, Simo Haya spazzava la neve intorno a lui e si mimetizzava nella tundra immacolata ricoperto solo dal suo telo mimetico bianco. Restava così. Immobile per ore e ore, masticando neve per non creare condensa con l’alito e poi dava vita alla sua maestria. Tirava sino a quattrocento metri di distanza e senza l’ausilio del mirino telescopico che aveva rimosso perché sapeva che il riflesso delle lenti avrebbe potuto tradirlo: si affidava solo alle tacche di mira e al fatto che i soldati sovietici avanzavano sempre in schieramento orizzontale. Decimava letteralmente interi battaglioni. I sovietici mandarono altri cecchini per scovare la misteriosa “morte bianca”, così fu soprannominato, ma nessun tiratore scelto inviato a ucciderlo tornò mai indietro. Il comando sovietico decise che non riuscendo a scovarlo, avrebbe bombardato a tappeto tutte le zone in cui ipoteticamente Haya avrebbe potuto trovarsi: non riuscirono a trovarlo. I soldati russi freddati invece da un singolo colpo aumentavano a dismisura: in cento giorni dall’inizio del conflitto Haya aveva colpito ben oltre settecentocinquanta uomini, stima per difetto. Sfuggì a molti bombardamenti  fino a quando un proiettile della fanteria lo colpì alla mascella riducendolo in coma, ma negli stessi giorni il conflitto tra Unione Sovietica e Finlandia ebbe termine. Dopo dieci giorni di coma Haya si riprese e venne insignito di ben cinque onorificenze al valore dall’Esercito Finlandese e promosso al grado di Sottotenente. Dopo la fine della guerra si ritirò a vita privata e morì nel 2002 a novantasette anni. E’ considerato uno dei più valorosi eroi nazionali. Piccolo e letale, Haya, portò a termine quello che si era prefisso: distruggere il nemico.

La morte bianca: il cecchino leggendario

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