Paid to write: ma chi controlla?

Senza destare alcuna polemica inutile, ma giusto per puntualizzare alcune perplessità, oggi vorrei parlarvi dei famosi siti di paid to write, ovvero siti che pagano affinché scriviate articoli esclusivi da poter pubblicare all’interno delle loro rubriche oppure articoli commissionati da clienti esterni. Ebbene, non voglio valutare in questo ambito la puntualità e la consistenza dei pagamenti, giacché mi risulta, anche per diretta esperienza, che i siti più noti pagano e anche piuttosto puntualmente. Ciò su cui mi voglio invece soffermare è la capacità da parte dei loro supervisori di riuscire a valutare correttamente uno scritto.

A parte il software automatico che riconosce le scopiazzature prese dalla rete, a me piacerebbe comprendere quali qualifiche hanno le persone preposte a controllare i testi che vengono spediti e con quale criterio valutano ortografia, sintassi, punteggiatura e coerenza con le linee guida. Mi è capitato di recente di inviare alcuni articoli a uno di questi famosi siti di paid to write e di vederli respinti, per essere controllati e corretti, con delle motivazioni totalmente ridicole. Colei che ha controllato gli scritti, poiché sicuramente di un essere femminile si tratta, viste le argomentazioni e lo stile di scrittura, ha addotto come scusanti dei fattori secondo lei mancanti che non solo erano già contemplati all’interno della mia stesura e che lei evidentemente non aveva compreso (forse per scarsità culturale), ma ha sottolineato dei passaggi, dandoli per errati, che erano esattamente il succo e il nocciolo di quanto richiesto nelle linee guida. Il tutto condito e infarcito con frasi terminanti con 5/6 punti esclamativi e/o interrogativi, con errori ortografici da prima elementare e con tanti puntini di sospensione da arrivare a fine pagina. Ebbene, a parte gli errori di sintassi e ortografici presenti nelle correzioni di suddetto controllore, mi risulta che nella lingua italiana le frasi possano essere terminate con UN solo punto esclamativo o UN solo punto di domanda e non 5, 6, 7… inoltre, sempre nella lingua italiana, i cosiddetti puntini sospensivi devono essere TRE ed è una regola inderogabile della forma scritta, dunque non una decina o ventina, gettati a mucchi e a casaccio. Detto questo, ciò che si evince da simile scrittura (quella inviatami per giustificare la mancata correttezza dei miei testi) è la presenza di quella che gergalmente viene definita una “bimbaminchia” abituata a scambiare fraseggi, più o meno senzienti, in chat con le amiche e di lasciare catervate di hihihihi e hahahah nei post su facebook. Per carità, liberissima di farlo, basta che resti confinata nel proprio spazio personale e non venga a ledere il mio lavoro con la sua presunzione e saccente convinzione di conoscere la proprio lingua madre. Perché è di questo che alla fine si tratta, del fatto che le sue inopportune, assurde, immotivate osservazioni a me sono costate tempo e denaro. Dal momento che i miei testi sono stati rimandati indietro, affinché io potessi apportare delle inesistenti correzioni, sono stata penalizzata a livello economico e dunque mi è stato arrecato un danno. Ed è per questo che mi chiedo chi lavora in questi uffici, con quale qualifica e da chi viene determinata la loro professionalità. Chi controlla queste persone, magari pagandole, perché possano giudicare il lavoro altrui, quando non hanno né le capacità né gli strumenti intellettivi per poterlo fare?

A questo punto potrei andare a fare il loro lavoro, conscia del fatto di saperlo fare decisamente meglio e magari guadagnandoci di più.

3 Risposte a “Paid to write: ma chi controlla?”

  1. Un articolo che condivido in pieno e credo che molti di noi, soprattutto di noi scrittori ci rispecchiamo in pieno in alcune considerazioni che qui vengono effettuate dovute a un'analisi accurata delle situazioni in cui spesso ci troviamo. Per molti di questi sedicenti "editor" l'italiano è un'utopia e il problema non si limita solo all'aspetto linguistico, ma anche alla comprensione di quel che leggono. E ciò è dovuto alla scarsa cultura, ma io direi pure a una scarsa elasticità mentale oltre che incompetenza. Ma del resto la qualità in ogni campo costa e ora si cercano anche collaborazioni, editor, traduttori a basso costo perché c'è crisi economica. In questo modo stanno a spasso coloro che valgono, mentre vengono retribuite le persone che non sanno mettere in fila neanche tre lettere. Complimenti per l'articolo.

  2. Anch'io condivido. Troppo spesso vedo commenti, effettuati da sedicenti esperti, scritti economizzando sulle parole. Commenti che dovrebbero in ogni caso rispecchiare il loro livello culturale e che si traducono invece con aberranti contrazioni gergali, neanche avessero quindici anni e stessero chattando all'interno del gruppetto scolastico. Molte persone dovrebbero tornare sui banchi di scuola, passando il proprio tempo con il naso infilato fra i libri, altro che scrivere!

  3. Interessantissimo articolo. Personalmente mi affido ai corretteri di bozze per i miei racconti ma capita spesso, forse troppo, di ritrovare non solo refusi ma veri e propri errori che in realtà avrebbero dovuto correggere il mio. Quello che invece proprio non sopporto è la snaturalizzazione del testo: non si può smontare totalmente un intero capitolo e rifarlo a piacimento di chi corregge. Toglie il mio messaggio, l'anima del racconto. E' importante anche il contesto!

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