La Sindrome del terzo uomo

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La Sindrome del terzo uomo

Ne avevo già sentito parlare.
Ne avevo già letto su numerosi libri di alpinismo. Ho avuto la possibilità di saperne di più approfondendo articoli specializzati di giornali scientifici  e tra  le decine di articoli ho trovato la spiegazione alla stranissima “Sindrome del terzo uomo”.
Colpisce gli alpinisti che si avventurano in scalate ad altissima quota, dove la concentrazione di ossigeno nell’aria diminuisce man mano che si sale. Come gli scalatori ben sanno, già oltre i 3000 metri si possono avvertire leggeri sintomi d’ipossia, cioè di carenza d’ossigeno, quali mal di testa, d’appetito, nausea. A quote estreme ( 7-8 mila metri), l’ipossia può indurre allucinazioni estremamente realistiche, come riportato da diversi scalatori di vette himalayane. In particolare può accadere di vedere, accanto al proprio compagno d’ascesa, un “terzo uomo” del tutto immaginario. Ad esempio; nel 1936 Smythe spezzò la propria tavoletta di cioccolata per dividerla con un compagno inesistente. Chris Bonington, sulla cima dell’Everest nel 1985, vide il proprio compagno Scott che lo incitava insieme a suo suocero e ad un’altra persona sconosciuta. Gli ultimi due , ovviamente, erano “fantasmi”.
Nella foto del post c’è Bonington e un’altra persona: quale sarà il fantasma?

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