Una mattina in ospedale

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Una mattina in ospedale, ma in questo caso a mancare è stata la sanità… mentale

Oggi mi sono dovuta recare in ospedale per delle semplici analisi di routine, ma ciò che vi sto per raccontare ha dell’incredibile se si pensa che avviene in una città civilizzata come Madrid e in una delle zone più benestanti della città.

Ore 7.15, entrata dell’Ospedale Universitario, 6 gradi e una fila incredibile. Sono la 4ª, felicissima per aver preso il mio posto dietro a un signore che avrà avuto più o meno la mia stessa età. Arriva una signora, anche lei superata la quarantina e si mette dietro di me. Fin lì tutto tranquillo, mentre la fila si allungava a dismisura, aspettando le fatidiche 7.45 dell’apertura del portone per entrare in fila indiana a prendere il numeretto. Perché sì, miei cari signori, la Spagna è un Paese civile e non si fanno la ressa e le corse per arrivare prima, come facciamo noi, seguendo una moda tutta italiana, scavalcando chi diligentemente è arrivato con qualche minuto di anticipo! Questo è il Paese in cui si fa la fila alle pensiline delle fermate degli autobus e si entra nel mezzo pubblico per ordine di arrivo; questo è il Paese in cui, in metropolitana, ci si mette in fila tutti sulla destra, sulle scale mobili o sui tapis roulant, per lasciare spazio sulla sinistra a chi ha più fretta e vuole salire più rapidamente le scale o camminare a passo svelto. La Spagna è davvero un bel Paese, civile e comodo ed è la mia seconda Patria. Ma, come spesso accade, le mele marce ci sono ovunque, eccome se ci sono! Oggi, per nostra sfortuna, ne abbiamo incontrata una.

Il signore che mi precedeva nella fila, motociclista, alto, di bell’aspetto, aveva voglia di fumarsi una sigaretta e invece di allontanarsi alla distanza indicata da un cartello posto sulle nostre teste, si era allontanato all’incirca di un metro. Inutile dire che l’olezzo del fumo arrivava anche a noi. Ma io sono italiana e, spesso, a queste cose non ci faccio caso. Gli spagnoli, invece, molto ligi alle leggi e ai loro usi e costumi, sì. Cosicché la signora che era dietro di me gli ha detto gentilmente se poteva allontanarsi di più, giacché nel cartello era previsto che quella fosse ancora zona ospedaliera e non si poteva fumare. Lui alterato a più non posso, aveva iniziato a inveire contro di lei dicendole che non doveva permettersi di fargli nessuna osservazione, che non era nessuno per dirgli cosa fare. Lei insisteva nel dire che il rispetto per i non fumatori e per l’ospedale doveva essere esattamente quello previsto dal cartello. E lui, di rimando, le sbatteva in faccia improperi e insulti così incredibili che mi stavano facendo male alle orecchie e al cuore. “Sei una figlia di puttana, che non capisce un cazzo! Chi ti ha mandato qui a farti le analisi? Altro ti dovevano fare! Probabilmente stanotte non hai trombato con nessuno! Magari sono secoli che non trombi!

Maledetto! Lo avrei preso a schiaffi se non si fosse fermato! E, invece, per mia grande sorpresa e felicità, la civilissima Spagna ha risposto in modo unito e compatto! Gli altri signori, udite bene, uomini e non donne, che erano lì in fila dietro di me, gli avevano risposto per le rime, senza alcun insulto, ma semplicemente dicendogli di farla finita, che le donne vanno sempre rispettate visto che una di esse ha messo al mondo anche lui! Mentre la signora, innervosita, si era avvicinata di più a me, forse per trovare riparo, non so…

In ogni caso, la cosa sembrava superata, fin quando non siamo entrati in fila indiana e abbiamo preso il numeretto. Salendo le scale al primo piano, facendo quegli scalini che si erano diventati di una pesantezza inaudita sebbene fossero pochi, ripensando a quel che era successo fuori, mi son detta che il mondo, per quanto si dica o si voglia credere, non è cambiato affatto: alcuni uomini sono e rimarranno per tutta la vita con il concetto di donna strumentale solo al soddisfacimento dei propri desideri, carnali o di prima necessità o anche solo strumentale al loros sadico gusto di vederla sottomessa fisicamente o verbalmente.

Arrivati agli sportelli, sempre correttamente in fila indiana, il motociclista, con il casco in mano, mi fa segno di andare avanti a lui, perché evidentemente voleva provocare la signora che era dietro di me. Gli ho detto: “No, grazie. Lei era prima di me e rispetto la fila”. Quello che hanno udito le mie orecchie dopo è stato tremendo: “Vedete gente? Qui ce n’è un’altra! Volevo essere gentile per una volta e questa figlia di puttana non ha accettato la mia gentilezza! Che schifezza di donne siete!” e giù altri improperi della peggiore specie che non sto qui a riprodurre. Io gli ho risposto che se avesse continuato, avrei chiamato una guardia, mentre i signori di prima, a gran voce, gli stavano dicendo di tranquillizzarsi (“è una ragazza, non puoi dire certe cose – mi sembra che bisogna chiamare qualcuno – ti sei svegliato con il piede storto stamattina, etc… etc…”).  Nel frattempo, messo alle strette o forse grazie a un’illuminazione divina, il bellimbusto aveva deciso di andarsene mandando tutti a quel paese, senza nessuna scusa a nessuno. Nessuna scusa, occhi torvi e supponenti di chi crede di essere nel giusto. Nessuna scusa verso due donne che erano lì semplicemente a farsi delle analisi e che hanno avuto il coraggio di rimanere integre nelle loro idee. Nessuna scusa nei confronti di persone che erano lì a farsi delle analisi e che hanno assistito, loro malgrado, a uno spettacolo penoso, di basso profilo umano e morale.

Il maltrattatore non è solo quello che uccide la donna, non è solo quello che dentro casa la riduce una larva senza forze neanche per spostarsi un capello dalla fronte, figuriamoci per curarsi le ferite del corpo e dell’anima. Il maltrattatore lo possiamo incontrare ovunque. Il mondo è pieno di persone che vuoi per maleducazione, vuoi per atteggiamento di superiorità, vuoi per voglia di far male senza nessun motivo specifico, ti sbattono in faccia una realtà che rimane sopita fin quando non decidono di farla esplodere in tutta la sua virulenza. Che mondo è questo che lasciamo in eredità alle nuove generazioni? Che mondo è questo, in cui solo per il fatto di pensare in modo diverso si lanciano insulti e anatemi della peggior specie?

Questo fatto è realmente accaduto oggi, in Spagna, in un quartiere della Madrid bene; in un quartiere attento alle problematiche sociali e ambientali come pochi; in un quartiere familiare, pieno di bambini, di anziani, di vita; nel mio quartiere che adoro e sul quale oggi, ai miei occhi, è scesa una patina di tristezza: l’uomo violento è ovunque, anche dietro l’angolo, quando meno te lo aspetti.

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