Geniali e rivali fino alla fine

Mi è capitato qualcosa di straordinario, di veramente raro e quando accade vale la pena di raccontarlo.

Doveva essere proprio il mio giorno fortunato perché sono riuscita a visitare l’inaccessibile chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza del maestro Borromini. Questa meraviglia architettonica è praticamente sempre chiusa ai visitatori e solo per puro caso  ho trovato spalancato il grande portone in legno che si apre su un chiostro modesto che nulla lascia presagire. Quando Borromini ricevette l’incarico di modificare la costruzione già esistente di Giacomo Della Porta, si trovò una pianta quadrangolare per una chiesa circolare.

Ma il grande genio cambiò tutto e impostò la pianta su due triangoli che s’intersecano formando una stella a sei punte. Nascosta in questa pianta c’è una complessa simbologia, dal momento che i due triangoli formano la stella di David e costituiscono il sigillo di Salomone. Il colore bianco puro abbaglia il visitatore, niente oro e orpelli inutili per il grande Borromini, solo architettura allo stato puro. 

Poi alzi gli occhi in quella struttura che si sviluppa tutta in altezza e il fiato si mozza in gola. Una cupola imponente e finemente scolpita trasporta i  pochi fortunati in una dimensione da sogno: le stelle incise sono 111, numero che può essere scritto anche 1+1+1, che ha come somma 3, simbolo della Trinità.  Più alzi lo sguardo e più la cupola sembra senza fine: si alza e si allontana dal visitatore. E che dire della lanterna  che la corona all’esterno e sovrasta i tetti di Roma? 

Una magnifica cuspide a spirale che sfida ogni legge; costò al maestro molti problemi, i committenti pensavano che egli non avesse calcolato bene il carico e potesse mettere in pericolo l’edificio, ma tre secoli e mezzo dopo è ancora ben salda al suo posto. Questa chiesa è un’opera magistrale e invito chiunque a visitarla, la porto nel mio cuore e chiudendo gli occhi  vedo ancora quella volta incredibile e quel bianco abbagliante nudo e puro. Ho cercato per decenni un modo per visitarla e poi, improvvisamente, quel portone era aperto e gli occhi hanno goduto di tanta incredibile meraviglia.

Borromini è importante per Roma e la sua importanza sarebbe maggiore se fosse vissuto in un’altra epoca e invece fu schiacciato dalla presenza di un altro genio Bernini. Bernini  usava il  talento a suo favore: faceva sempre ciò che voleva, ma con l’aria di far felice il committente. Borromini era insofferente, scontroso e non faceva nulla per compiacere nessuno, in un’epoca in cui l’obbedienza era quasi d’obbligo.

Ad esempio  il capolavoro di Borromini San Carlino: il colore quasi bianco, le pareti movimentate sia all’interno che all’esterno, si alternano a nicchie, colonne modanature, giochi di curve. Il soffitto rappresenta un’opera d’arte nel capolavoro: profondamente scolpito in esagoni e ottagoni, il tutto parla di informazioni e suggestioni enormi che il maestro usa in uno spazio così ridotto, ma rimanendo fermo nel  suo stile di profonda austerità.

Poi vediamo il contrasto con Sant’Andrea del Bernini: già entrando i colori colpiscono l’occhio: marmi policromi, ornamenti sovraccarichi, atteggiamenti degli angeli enfatici, pitture sgargianti: bianco, freddo, austero il primo; dorato, caldo, lussuoso il secondo. Se Bernini è di natura teatrale, Borromini è parco di parole ma sa inventare  curve  e ornamenti senza precedenti; se fosse visitato oggi  da un medico sarebbe considerato depresso, ma questo male oscuro lo guidava nel genio totale.

Tutto quello che mancò a Borromini, Bernini lo ebbe a piene mani: simpatia,fama, denaro, gloria, usava la compiacenza dei Papi a suo piacimento; ma quando questi ricevette l’incarico per il “ baldacchino di San Pietro”, chiamò in aiuto il Borromini esperto architetto. In questa occasione  Mancini, medico del Papa, conia la celebre frase” Quod non fecerunt barbari, fecerunt  Barberini, in quanto per edificare l’opera commissionata dai Barberini smantellarono i bronzi del Pantheon. Il Bernini amava inganni virtuosistici dando sfogo al suo senso teatrale, poi però scordava l’essenziale: infatti il suo baldacchino, nel contesto imponente appare aggraziato quasi delicato; ci pensò il Borromini a sistemare la prospettiva mettendo sulla cupola una sfera dorata per riequilibrare il tutto. Non è facile amare Borromini: se tutte le opere del Bernini parlano di sensualità, le sue la negano.

Borromini morì suicida a 68 anni incastrando una spada alle traverse del letto e conficcandosela nel torace, Bernini muore a 82 anni sopravvivendogli di 14 anni e 3 Papi.

Diversi in tutto, geniali in tutto. Fino alla morte.
       
            (informazioni tratte da ” I segreti del Vaticano” di Augias, foto tratte da Google)
The Tiger
foto 1  Esterno di Sant’Ivo alla Sapienza
foto 2  Lanterna di Sant’Ivo
foto 3  Interno di Sant’Ivo
foto 4   San Carlino esterno
foto 5   San Carlino interno
foto 6  Sant’Andrea interno
foto 7  Cupola Sant’Andrea
foto 8  Baldacchino di San Pietro




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