SISSY BOY

SISSY BOY

Dedicato a tutti coloro che hanno dovuto soffocare i propri desideri a causa dei genitori, a tutti i genitori che mai vorrebbero che accadesse ai propri figli.

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di Roberta Andres

A Sergio piacciono le bambole della sorella Lauretta, mentre disdegna i noiosi giocattoli di Carlo, il fratello maggiore. A Sergio piace Maga Maghella, il popolare personaggio televisivo interpretato da una giovane Raffaella Carrà, il suo meraviglioso costume e la sua mirabolante bacchetta magica, che la sorellina ha avuto (beata lei!) in regalo al suo compleanno.
A Sergio batte forte il cuore quando il suo compagno di liceo gli chiede un appuntamento nel parco.
A Sergio piace scrivere poesie.
Ma arriva il giorno in cui Sergio non gioca più con le bambole, meno che mai con Maga Maghella, non ha più appuntamenti e non scrive più poesie; rinuncia anche all’unico grande amore della sua vita, Marcello. Ma non ricorda perché.

Solo sulla scena, Sergio racconta, rivivendole, le tappe della propria vita in una ironica, tragicomica conferenza. Quel che sa è che da bambino ha subito una terapia correttiva per i suoi atteggiamenti effeminati. Da quel momento in poi, la sua esistenza diventa una costante e faticosa lotta per riappropriarsi della propria personalità e dei propri desideri, ricordando poco alla volta quel che accadeva nelle sedute col dottor G. Fra pesanti sconfitte e qualche piccola vittoria, ormai adulto, il signor Sergio Bello pensa di essere guarito dagli effetti della devastante terapia e la conferenza dovrebbe esserne la dimostrazione. Ma, ripercorrendo con il pubblico la propria vita, scivolerà in trappole emotive che lo faranno regredire e la sua storia approderà verso un esito inaspettato.

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Il testo di Franca De Angelis, sceneggiatrice televisiva e drammaturga, è liberamente ispirato alla storia vera di Kirk Andrew Murphy, il quale nel 1974 fu sottoposto ad un esperimento condotto dallo psicologo George Rekers dell’Università di Los Angeles, California. Tale esperimento era volto a correggere i comportamenti effeminati nei bambini maschi prevenendo la loro eventuale omosessualità. La storia di Sergio, quindi, è tristemente ispirata ad un fatto di cronaca ed è la storia di chi ha perduto i sogni, o meglio, di chi è stato costretto a perderli attraverso un fortissimo e spietato condizionamento, una feroce manipolazione da parte degli adulti che dovrebbero amarlo.
Ma che adulto potrà mai essere quel bambino a cui sono stati soffocati i sentimenti, i sogni e le passioni? Come potrà superare il disprezzo che prova verso se stesso e tutto ciò che è? Probabilmente, quel bambino da adulto sarà un grande uomo-talpa, l’animale che vive sotto terra, scava gallerie e raramente esce in superficie. Quell’adulto vuole essere invisibile, non ha desideri e sfugge il bene per sé.

In fondo il tema, pur toccando i temi dell’omofobia e dell’intolleranza per l’omosessualità, riguarda più in generale un tipo di “educazione” (se può essere chiamata tale) che manipola, condiziona, distrugge di fatto la personalità dei bambini; che incurante della reale personalità, delle sincere aspirazioni e dei desideri dell’individuo, mira soltanto a renderlo compatibile con la società, conforme alle caratteristiche considerate “normali” nel contesto storico e sociale in cui è nato.

Una forma di manipolazione che arriva a distruggere il desiderio e persino la capacità di provarlo, sentirlo, riconoscerlo.

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Galliano Mariani, efficacemente diretto dalla regista Anna Cianca, interpreta in maniera magistrale questo monologo coinvolgendo lo spettatore, passando con maestria da una divertente leggerezza autoironica alla drammaticità di un’angoscia fortissima che pian piano riaffiora in lui; nella prima parte dello spettacolo colpisce come riesca a regredire e ad apparire davvero un bambino nella gestualità, nella voce, nei modi di fare; nella seconda parte la sua voce, i suoi gesti, tutto il suo corpo di attore rivivono sul palco la tragedia di questo individuo ormai incapace di essere se stesso, fino all’epilogo.

Uno spettacolo da vedere assolutamente: il monologo fa pensare, arrabbiare, star male in alcuni momenti, ma è anche una splendida occasione per ritrovare col sorriso lieve della nostalgia oggetti, personaggi, stereotipi cari alla generazione dei baby boomers, dall’infanzia all’età adulta: Maga Maghella e la TV degli anni Settanta, le Barbie, Ken e i giocattoli da “maschietto” e da “femminuccia” con cui si giocava prima dell’avvento dei videogiochi.

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