Ditelo con i fiori e poi mangiateli: il business è servito

Ditelo con i fiori e poi mangiateli: il business è servito

Dalla begonia alla petunia e al garofano, purché bio: sempre più ristoranti li usano come ingredienti in cucina. Per i produttori è un’eterna primavera.

di DONATELLA ALFONSO

Piccantino come un nasturzio. Acidulo come una begonia. Dolce come una petunia. I fiori non più come semplice decorazione, ma come ingredienti chiave di una cucina che punta al contatto più stretto con la natura come fonte di benessere e risponde alla crescente domanda vegetariana e vegana.

la Riviera dei Fiori, cioè la Liguria di Ponente, non poteva che essere sempre una protagonista del trend. «Da tre anni produciamo piantine in vaso, fiorite o da fiorire, tutte rigorosamente bio: stiamo lavorando anche sulle confezioni di fiori recisi pronti all’uso. Il mio sogno è far diventare il fiore un ingrediente presente in tutte le cucine» racconta Marco Ravera, che nella piana di Albenga, oltre alle consolidate aromatiche, coltiva e vende da almeno tre anni fiori commestibili.

E il trend è in ascesa anche in altre regioni italiane, dalla Toscana al Trentino Alto Adige. Una nuova voce in un comparto, quello della floricoltura, che impegna 16.600 ettari coltivati in tutta Italia, con 32 mila aziende di cui 22 mila floricole (il 68,7 per cento) e 9.939 vivaistiche, per un totale di circa 100 mila addetti. E in un settore così, si sta facendo strada anche chi punta sui fiori commestibili.


«Sono sempre stata interessata a una cucina naturale, adesso sempre di più utilizzo insieme verdure e fiori» premette Rosa D’Agostino, chef del ristorante Gin a Castelbianco, in Valle Arroscia. «Le persone hanno voglia di mangiare sano, e quindi molti, per curiosità, per intolleranze o anche per dieta, trovano una risposta nei fiori. Io li definisco il parmigiano dei vegani, una spolverata di petali può andare su un’insalata come su un primo piatto».

Attenzione, però, al fai da te: ovviamente non tutte le piante fiorite sono commestibili, e quelle che lo sono (garofano, dente di leone, crisantemo, gladiolo, fiordaliso, ma soprattutto viola, petunia, nasturzio, tarassaco, tra gli altri) devono essere rigorosamente biologiche e, meglio, utilizzate in petali. Bene anche le infiorescenze di molte piante aromatiche, dal finocchio al basilico, perché l’orto è anche un po’ giardino.

«I fiori li utilizzo da tempo, certamente non seguo una moda», chiarisce Paolo Masieri, chef stellato di Paolo e Barbara a Sanremo: petali e corolle vengono dalla sua azienda agricola, seguendo le stagioni. Così anche in inverno il brodo di fiori secchi, cipolla e zafferano si sposa con i cappelletti ripieni di gamberi rossi. E Roberto Sebastianelli, coltivatore e cuoco, ha fondato a Ostra Vetere, in provincia di Ancona, Fiorfrì, un ristorante agricolo, come lo definisce, in cui i fiori sono al centro di tutto il menu. Tanto da fargli vincere il premio Bandiera Verde-Cia che la confederazione degli agricoltori riserva alle produzioni più innovative.

Sorgente: Ditelo con i fiori e poi mangiateli: il business è servito – Repubblica.it

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