Warrior: gli ultimi guerrieri

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Premetto che questo articolo contiene degli spoiler che vi rovineranno il gusto di vedere il film Warrior, dunque, se non avete intenzione di leggere anche il finale della trama, evitate di andare oltre la riga rossa che apparirà in seguito. Ma partiamo dall’inizio, da un riassunto generico del film in questione. La storia si dipana fra due protagonisti principali, un ex marines e un professore di fisica. Pur essendo fratelli, i due non si frequentano e non comunicano fra di loro da tempo, dunque nessuno dei due sa che anche l’altro si iscrive alla medesima competizione, la spettacolare Sparta, campionato di Mixed Martial Art. Giungendo per motivi totalmente diversi, i due s’incontrano ad Atlantic City poco prima dell’inizio del torneo e il confronto fra fratelli diventa inevitabile, fallendo miseramente. Il film nell’insieme è godibile. Diretto con bravura da Gavin O’Connor, vede i due protagonisti, Tom Hardy e Joel Edgerton, dare una buona dimostrazione di arti marziali miste e una prova interpretativa piuttosto convincente. Tuttavia, pur sembrando un rifacimento modernizzato del più famoso primo Rocky, Warrior ha i suoi lati positivi e non è una pellicola incentrata solo sulla spettacolarità dei pugni e dei calci volanti che occupano buona parte della trama. E qui mi fermo, ponendo la famosa linea rossa che indica il successivo spoiler di cui parlavo prima.

– Spoiler –

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Il finale potrebbe apparire scontato se non si da peso ad alcuni fattori che ritengo piuttosto significativi. Innanzi tutto la modalità con cui combattono i due, ovvero l’ex marines Tom Hardy, utilizzando la pura forza bruta, contro la tecnica ineccepibile del professore di fisica Joel Edgerton. Ed è proprio quest’ultimo a prevalere nello scontro finale fra i due, perché finiranno per affrontarsi nella gabbia, dando finalmente sfogo a tutti i rancori accumulati nel corso degli anni. Il fatto che sia la tecnica a vincere sulla forza è positivo e diventa un segnale per tutti coloro che pensano che solo con l’aggressività si vincono gli scontri. La Tecnica prevede un duro allenamento, tanta sana disciplina e una rigidità morale che rendono un uomo un atleta, a prescindere da quanto sia brutale lo sport che pratica. Tecnica significa imparare l’arte del combattimento, inteso non solo come capacità di “picchiare duro”, ma come evoluzione di una naturale propensione umana, che diventa, appunto, arte. Le spettacolari evoluzioni dei monaci Shaolin ne sono un esempio concreto. Vi è bellezza e poesia in una tecnica bene eseguita, senza per questo dover esaltare la violenza o lo scontro fine a se stesso. I kata del judo, piuttosto che il taijiquan (tai chi chuan) ne sono un altro esempio, che ben dimostra la questione. Un altro fattore che risalta nel film è il confronto finale fra i due fratelli. La rabbia, il rancore e il risentimento, che vengono riversati nello scontro, diventando un dialogo “fisico” fra i due. Uno scambio di insulti, accuse, recriminazioni che portano immancabilmente alla chiarificazione, senza che vi siano effettive parole pronunciate dai protagonisti. Da segnalare la partecipazione di un buon Nick Nolte, il quale interpreta il ruolo del padre, ex alcolista, che cerca di ricomporre un rapporto con entrambi i figli. Dunque, sostanzialmente, è un film da vedere.

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